In un vecchio documento, conservato nell’Archivio Parrocchia di Santa Maria Assunta, si legge:
« A pochi passi dall’abitato [di Grumo] evvi altra cappella intitolata alla Madonna di Monteverde. Anticamente nel sito, dove fu eretta detta Cappella, dalla parte meridionale della stessa, vi era inalzato un piccolo edificio arcuato dal volgo detto Icona, voce di origine greca. In essa Icona, ch’era aperta alla vista dei viandanti, perché collocata fra due strade, si venerava l’immagine della B. V. M. sotto il titolo di Lauretana, come è confermato dall’iscrizione che tuttora si legge accanto alla stessa veneranda effige cosi concepita: S. M. DE LAU. L’effigie è da attribuirsi ad un pittore greco, come si legge alla parte inferiore dello stesso affresco: IO. GIUBAMESCA MEYALIZIO». (nota 1)
La suddetta Icona della Vergine Lauretana (da lauro o alloro) era situata sotto una preesistente struttura ad arco, formando così quasi una cappelletta con altare, presso la cocevola (orto) di don Pacifico Danisi, alla convergenza di due strade, la sinistra proveniente da Altamura e collegata al Lagopetto, e la destra proveniente da Toritto.
Tutto questo ha un esatto riscontro nella relazione del 7 dicembre 1578 dell’are. Puteo che — a seguito della sua visita pastorale — ordinava alle autorità di Grumo di provvedere a pulizie e restauri delle chiese grumesi; vi si legge infati: «La cappella di S. Maria de Loreto [fuori le mura ] senza cancella» (e, di conseguenza, esposta a tutti i passanti). La cappella, in questa epoca, oltre che di cancellata era sfornita anche di benefici e di “rettori”. Un altro documento esistente nell’Archivio Parrochiale (fi. I, a. 1670) riferisce sugli avvenimenti che si svolsero nella metà del 17° secolo: «La cappelluccia, o Icone di Pomicello, anticamente eretta a pie della cocevola di D. Pacifico Danisi, fra due vie pubbliche, una che va ad Altamura, da parte di levante, e l’altra che va a Torino per la via dell’Alticello da ponente,(nota 2) conteneva una rihagine della gran Madre di Dio, Maria sempre Vergine, cosi divota e bella (come a] presente si vede) che qualunque passeggero, che attentamente la mirasse, non polca non accendersi di divoto affetto, presagio delle grazie che di lì a poco la Vergine Gloriosa avea da dispensare con larga mano ai fedeli per mezzo di quel suo ritratto.
Marino Giappino, della città di Bari, in tempo che soddisfaceva il voto alla Madonna delle Grazie di Cassano, per essere stato liberato da una disperata infermità, andava questuando, per il servizio di quella, nel “contorno”: e pesando molte volte per avanti la suddetta Imagine, sita nel prefato luogo, territorio di questa Terra di Grumo, si raccomandava che sì compiacesse di farsi da lui servire in detto luogo, più che volontariamente lo farebbe; ed essendosi Marino licenziato dalla S. Casa di Cassano e stando di abitazione in Molfetta, fu ammonito in sogno (come egli riferì) dalla Gloriosa Vergine Maria, in figura della predetta Imagine di Grumo, che la venisse a servire nella Cappella, o Icona, alla Vìa di Altamura, cento passi distante da Grumo: e benché il Marino differisse ubbidire alla chiamata, venne finalmente in Grumo ai 18 aprile dell’anno 1652; ed appicciandone la sera la lampada, tornò la mattina, con concorso di quasi tutta la Terra [di Grumo], alla Cappella a fare orazione, e cantando con alcuni Rev. di Sacerdoti avanti la detta Imagine di Maria le sacre lodi, la Dispensiera dei celesti tesori, Maria sempre Vergine, si compiacque in giorno di sabato, che correva il 19 aprile del medesimo anno, fare gli infrascritti miracoli e distribuire le infrascritte grazie: parte dei quali sono stati esaminati dalla Corte Arcivescovile di Bari come dal processo conservato in quella Curia: volando la fama colle sue ali, e pervenuta ai luoghi molto lontani, le grazie sono state molte e di gran numero oltre alle notate, e dei voti appesi in detta cappella… Amen».
Marino Giappino, col voto della questua, aveva raccolto denaro da spendere in onore della Madonna; il sogno del 12 aprile 1652 gli suggerì la costruzione di una chiesetta al posto della “Icona” e con il concorso di molti fedeli grumesi l’edificio fu presto realizzato: nel 1663 era già completo, come indica un’iscrizione nell’interno: «en tisi, virgo mater, FUNDAMINA PONIMUS ALTA: PRAESIDEAT NUMEN AEDIBUS HI- sce tuum! Firmato: Arciprede De Catarina (Gian Vito); 1648-1663 » (Ecco, Vergine Madre, a te poniamo fondamenta profonde: domini su questo tempio la Tua potenza!),
Sull’architrave della porta centrale della cappella venne scolpita un’altra iscrizione: «limen adite sacrum viride de MÒTE MARIAE / CHRISTIADAE: VOTIS SUPPLICISILLA FAVET / A.D. md. cui » (Visitate la sacra dimora di Maria di Monteverde e di Cristo: Ella esaudisce le preghiere di chi la supplica).
L’immagine della Vergine Lauretana era infatti detta “di Monteverde” con tutta probabilità perché la chiesa si trovava su un’altura rispetto al vecchio abitato di Grumo. Nel passato, l’altura doveva essere stata più accentuata e per questo veniva designata alla latina Monte (Mons) Verde, data la presenza del bosco fitto e frondoso.
La Chiesa di Monteverde fu subito fornito di benefici che, divenuti cospicui, vennero fusi con quelli della Cappella del Soccorso (oggi San Lorenzo). Si legge infatti nell’Inventario (nell’Archivio Capitolare di Grumo): «Libro Significatoriale della Cappella di S. Maria di Monteverde della Terra di Grumo unita, come se fosse una sola Cappella, con quella del Soccorso [oggi S. Lorenzo] da Monsignor Michele Are. Altham in tempo di sua visita, come da suo decreto disteso nel libro antecendente in fine della Significatoria dell’anno 1731. In Pace».
Arricchita di capitali e beni immobili, la Chiesa di Monteverde fu sempre amministrata dal Clero, che ogni anno nominava un Deputato per il mantenimento del culto. Il Clero aveva l’obbligo di una messa quotidiana nella Cappella, dove molte altre messe si celebravano a richiesta di pii grumesi che avevano, ed hanno, una grande devozione verso la Gran Madre di Dio e alla quale ricorrono con grande fiducia nelle private e nelle pubbliche calamità.
Nella prima domenica di maggio, ogni anno, si celebrava una. magnifica festa in onore della Madonna di Monteverde, alla quale partecipavano anche moltissimi fedeli convenuti dalle terre circostanti, anche per lucrare le Sante indulgenze concesse da diversi pontefici.
La Beata Vergine di Monteverde diventò infatti (ma non sappiamo con sicurezza quando) la Patrona di Grumo. Già nell’antica “Novena a Maria SS. di Monteverde”, composta da Mons. Andrea Vinditti, vescovo di Polignano, e stampata per la prima volta nel 1742 per i Torchi del Crudo di Trani, la Vergine è invocata come « potente Protettrice ». Attualmente la sua festa esterna ha luogo l’ultima domenica di maggio.
La Chiesa di Monteverde fu elevata a Parrocchia l’8 dicembre 1950, giorno dell’Immacolata Concezione, da S.E. Rev. ma Mons. Marcello Mimmi. Ne fu primo Parroco don Giuseppe Damato, coadiuvato dal vice-Parroco don Gaetano Tomanelli che, il 17 gennaio 1965, diventò Parroco di Monteverde e lo è tuttora.
La Chiesa di Monteverde — a pianta rettangolare — è stata edificata in stile romanico-pugliese, in conci di pietra locale. Nel mezzo del timpano spezzato in un’edicola rettangolare, si vede la statua in pietra (di autore ignoto, risalente al 17° secolo) della Madonna col Bambino e con corona in capo sorretta da due putti. Iconogragficamente, ripete l’affresco (l’Icona) posto sull’altar maggiore, Al di sopra della statua, sì apre una finestara rettangolare con stipiti sagomati adorni di rosetta in alto e in basso. Sul fianco sinistro della chiesa si alza il piccolo campanile con cella campanaria monofora. Il campanile è stato costruito nel 1954 ed alloggia tre campane di diversa dimensione.
La campana grande porta l’iscrizione: «soli beo honor et gloria./santa maria ora pro nobis 1951». Sulla campana piccola si legge: « famiglia bizzarro m.d.c.l.h». La campana media recava l’iscrizione: «s.maria, ora pro nobis. m.d.ccli ». Questa ultima campana si lesionò nel 1978 e venne sostituita con un’ altra delle stesso peso (fusa dalla Ditta Nicola Gìustozzi di Trani) con l’iscrizione: «fulgura frango, mortuos plango, VTVos voco A.D. 1978». Fu benedetta il 6 aprile 1980, giorno di Pasqua di Resurrezione, dal Parroco don Gaetano Tomanelli; i padrini di questa nuova campana erano i coniugi Rocco Einetti e Angela Panzarino.
L’interno della Chiesa di Monteverde è strutturato in una navata (metri 22 x 14) a due campate, con volte a padiglione e con piccolo presbiterio. Degno di particolare attenzione è l’altare maggiore, in legno dorato in oro zecchino, di ordine corinzio. Al centro dell’altare si venera appunto l’antica immagine della Madonna di Monteverde.
Intorno al baldacchino sovrastante l’altare maggiore corre la seguente iscrizione: «mons in quo beneplacitum EST DEO HABITARE – 1665».
La navata è abbellita anche da due pregevolissime tele di Giacomo Guercia, del 1781. Una mostra l’Arcangelo Raffaele che accompagna Tobiolo al fiume (e, in primo piano,’ Santa Rita in adorazione del Crocifisso e un Padre della Chiesa con nelle mani penna e libro); l’altra mostra Sant’Irene, San Vincenzo Ferreri e Sant’Alberto Magno.
In sacrestia si vedono 4 quadri di ex-voto: a) di Vito Antonio Giannini, del 1784; b) di Pasquale Demauro, del 1832; e) di Giovanni Ugenti, del 14 luglio 1863; d) di Angelantonio Errico, del 1865.
1. La toponomastica conferma che il contado di Grumo era piuttosto frequentato nel periodo bizantino, al quale risalgono appunto termini greci mantenutisi in diverse località, specialmente quello di cono o icona che in origine indicava piccoli altari, più o meno protetti da strutture architettoniche, contenenti immagini della Vergine o di un santo. Nelle vicinanze di Grumo la toponomastica ha conservato il termine in Conduringhe (Icona del Ringo) in Condumoneche (Icona del monaco) e — appunto — in Icona a Monteverde.
2. Tutto questo non ha più riscontro nella realtà: la topografia fu sconvolta dai lavori della Ferrovia nel 1864