Venezuela, il Papa: un ponte attraverso il dialogo.
In Venezuela la situazione socio – politica – economica è molto difficile da diversi anni, ma è negli ultimi mesi che si sono registrati episodi a cui il mondo intero volge uno sguardo turbato. Il Venezuela è sempre stato un paese ricchissimo di risorse, con le maggiori riserve di petrolio nel Mondo, ma l’incapacità degli ultimi governanti non ne ha consentito uno sfruttamento proficuo a favore della popolazione, vittima oggi di una delle peggiori crisi della storia.
I Venezuelani sono stremati dalla povertà dilagante, dalla mancanza di cibo e medicinali, ma dimostrano una forza incredibile nel ribellarsi e nel rivendicare i propri diritti. L’occasione è arrivata con le elezioni presidenziali del maggio 2018, in cui viene riconfermato Nicolas Maduro alla guida del paese. L’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato la mancanza di trasparenza delle votazioni ed alcuni paesi come gli Stati Uniti, il Canada, il Brasile e l’Argentina, probabilmente per meri interessi politici ed economici, non hanno riconosciuto il risultato delle elezioni: sembrerebbe, infatti, che soltanto il 46,1% degli aventi diritto al voto si sia recato alle urne, probabilmente anche a causa del boicottaggio portato avanti dalle opposizioni.
Alle accuse di boicottaggio e di mancanza di trasparenza, il 23 gennaio 2018 è seguita una significativa manifestazione antigovernativa che ha richiamato nelle piazze migliaia di cittadini venezuelani. Juan Guaidò, leader dell’opposizione, si è autoproclamato presidente ad interim del Paese con tanto di giuramento davanti alla folla; un gesto emblematico, con cui Guaidò sottolinea la rottura del legame di fiducia tra il popolo e Maduro, nel vano tentativo di convincere quest’ultimo a presentare pacificamente le proprie dimissioni. Uno straordinario tentativo di guidare il popolo venezuelano verso la democrazia e verso nuove più democratiche consultazioni elettorali.
Ma il cammino verso un dialogo pacifico appare, tuttavia, estremamente arduo, tanto da richiedere l’aiuto di Papa Bergoglio.
La risposta di Papa Francesco è arrivata subito, puntuale e decisa. Egli, nel ripercorrere il ruolo svolto dalla Santa Sede e dai vescovi del Venezuela, ricorda che già in passato la trattativa tra il governo Maduro e il Tavolo di Unità Democratica ebbe ad oggetto lo sforzo comune per riemergere dalla crisi in modo pacifico e istituzionale con una serie di condizioni da soddisfare, affidate a una lettera del cardinale Parolin del 1° dicembre 2016. Nonostante le manifestate buone intenzioni, però, la situazione ha preso una piega drammatica. Papa Francesco appare profondamente inquieto, perché avverte che la “sofferenza del nobile popolo venezuelano sembra non avere fine” e con i soliti toni garbati richiama tutti gli uomini di buona volontà, affinché i buoni propositi siano sempre seguiti da azioni concrete immediate. Il dialogo tra gli uomini è proficuo solo quando “le differenti parti in conflitto mettono il bene comune al di sopra di qualunque altro interesse e lavorano per l’unità e la pace”. Quando ciascuno si concede all’altro, quando si mette il proprio cuore nelle mani altrui. Quando si dialoga con sincera umiltà possono costruirsi ponti maggiori dei muri innalzati dall’egoismo e dal potere. Il dialogo è il ponte di un rapporto, anche tra cittadini e governanti, che può sgretolare il muro che li divide: “Vi incoraggio a far crescere una cultura dell’incontro e del dialogo, a promuovere la pace” per portare fuori il paese dalla crisi politica, sociale ed economica che mortifica l’uomo e con esso Dio.