Il divieto delle donne indiane
E’ con grande forza, che sento il dovere di descivere la tradizione induista in India:
il divieto alle donne che hanno il ciclo mestruale, di entrare nei templi, di partecipare ai rituali religiosi, perche’ ritenute impure.
La maggior parte dei templi vieta l’ingresso soltanto ai giorni del mestruo.
A Sabarimala invece, un’area collinare dello stato indiano del Kerala, il divieto è totale e riguarda le donne dai 10 ai 50 anni.
Secondo la tradizione induista, la motivazione riguarda il celibato della divinità Ayyappa. Quindi, le donne in età fertile, potrebbero far entrare in tentazione.
Successivamente, la Corte Suprema ha sentenziato “discriminatorio”, il divieto nei confronti delle donne e lo aveva abolito.
Il primo gennaio 2019, due donne, una di 40 e l’altra di 39, sono riuscite ad entrare nel tempio di Sabarimala come ribellione al divieto, per offrire un’offerta alla divinità Ayyappa.
Il giorno prima dell’ingresso delle due donne nel tempio, in tutto lo stato del Kerala, tre milioni di donne indiane si erano ritrovate e prese per mano, creando una catena umana lunga oltre 600 chilometri, per chiedere la parità di genere e protestare contro il divieto di ingresso a Sabarimala: un muro umano concreto di donne e uomini che chiedevano dialogo e riconoscimenti
Così, sono conseguite proteste e violenze tra i sostenitori del divieto e i sostenitori la decisione della Corte Suprema.
Il partito indiano Bharatiya janata (BJP), ha definito la sentenza della Corte: “un attacco ai valori tradizionali indù”.
Ma si può nel 2019, attaccare il “diritto di pregare” o “diritto di culto” di una donna?
Si può attaccare il diritto di una donna di sentirsi degnamente pari ad un uomo?
Il diritto alla libertà di una persona, non vale molto più di una tradizione?
Allora, è opportuno citare testuali parole di una donna indiana postate su Twitter:
“Le impurità vengono dalla mente. Dio accoglie tutti. Le tradizioni vengono inventate dagli uomini….”
L’esempio delle donne Indiane, vuole dimostrare la presenza di differenti culture per le quali, noi donne e uomini di Paesi diversi, dovremmo aprirci al dialogo mostrando solidarietà e sostegno.
Malgrado ciò, continuano a perpetrarsi scandali e discriminazioni nei riguardi di questo sesso. E questo non deve più accadere…..
In passato, le donne che manifestavano la volontà di denunciare, si sentivano consigliare di non farlo, a volte dai parenti stessi, di tenere nascosti gli abusi (“fatti di questo genere si risolvono in famiglia…”, perdonalo non lo farà più…” “cambierà…”, “tu che cosa hai fatto per farlo arrabbiare…”) divenendo così oggetto di vittimizzazione secondaria, a volte anche da parte delle Agenzie che tutelavano, che non avevano modelli per incoraggiare a denunciare, ad uscire allo scoperto, ad assicurare la giustizia al violento o alla società violenta.
Ma pian piano le cose stanno cambiando, c’è maggior coraggio da parte delle donne, che cercano di far conoscere un mondo di emozioni intense, di chi non ha voce per urlare il suo dolore, di chi non può respirare. Proprio come hanno fatto le donne indiane!
Cerchiamo di imparare da queste emozioni, per educare le nuove generazioni ai valori fondamentali della convivenza tra uomo e donna.
“Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore. Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà vanno a braccetto….. in qualsiasi relazione….sono due ali, dello stesso gabbiano.”
osho