Il dialogo … “In Salita”
Dopo qualche anno di pausa, ritorna “In Salita” con un nuovo look…
Questo strumento vuole tornare ad essere un’opportunità di dialogo. Ed è sul dialogo che vorrei soffermare la mia e la vostra attenzione.
Ripercorriamo un episodio che è altamente significativo, per una serie di affinità con il nostro tempo e il nostro impegno a dialogare con tutti. Mi riferisco all’episodio di Paolo all’Areopago, nella colta città di Atene, narratoci dall’evangelista Luca negli Atti degli Apostoli.
Allora Paolo, alzatosi in mezzo all’Areòpago, disse:
«Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: “Al Dio ignoto”.
Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.
Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.
In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione umana.
Dopo esser passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti».
Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero:
«Ti sentiremo su questo un’altra volta».
Così Paolo uscì da quella riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
(At 17,22-34)
L’abilità dialogica di Paolo emerge chiaramente da questo brano, alla cui luce possiamo affermare che rimane primario ed essenziale per i cristiani il compito di favorire il dialogo fra tutti gli uomini.
Il dialogo con le altre religioni e con gli uomini di buona volontà può confrontare e approfondire la reciproca conoscenza di Dio, la preghiera, la grande legge dell’amore, l’impegno per la dignità dell’uomo.
Il dialogo, se sincero e disponibile, porta a grandi cose.
Dire dialogo o riconoscere il ruolo fondamentale del dialogo per noi cristiani, però, non significa assolutamente mettere in ombra l’evento storico di Gesù, relegandolo sullo sfondo come un elemento datato e superato o addirittura riducendolo ad un pressante appello rivolto all’uomo perché prenda la decisione di non vivere più per se stesso, ma per gli altri.
Il dialogo, invero, richiede la capacità di rendere ragione delle proprie idee, della propria fede, della propria speranza.
Non necessariamente per convincere, ma per mostrare che la propria esperienza è intellettualmente onesta e degna di rispetto.
Il dialogo, d’altro canto, però, richiede il coraggio di rinunciare ad un linguaggio di gruppo, che soltanto chi ne fa parte è in grado di comprendere, per adottare un linguaggio desunto dall’esperienza comune, in grado di raggiungere chiunque.
I veri uomini di dialogo parlano nel modo più semplice possibile, si sforzano, cioè, di farsi capire da tutti.
È facile, infatti, credere di dialogare e ingannarsi.
L’uomo capace di dialogare è l’uomo che non dà per scontato di esserlo. E perciò sorveglia continuamente la libertà del suo cuore, la sincerità della sua ricerca della verità, la sua passione per il bene comune.