“Fermiamoci a pensare a quello che facciamo, Diritto al futuro: lavoro e dignità”
Il lavoro non è una questione di poco conto nella vita dell’uomo anzi è lo strumento attraverso cui l’essere umano dà pienezza alla sua esistenza sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista esistenziale.
La Caritas diocesana di Bari-Bitonto, nel suo percorso di formazione per operatori che lavorano sul fronte della povertà che subiscono sulla propria persona la propria inadeguatezza a dare risposte concrete “con tutto il cuore”, ha voluto affrontare con coraggio un tema così complesso che è servito a guardare negli occhi un problema a cui nessuno ha una risposta adeguata, in quanto siamo abituati ad essere governati dagli eventi e non a governarli con un’economia ecosostenibile e solidale. Senza lavoro non c’è diritto alla casa, diritto alla famiglia, diritto al futuro: non c’è vita.
Sin dall’inizio dell’incontro formativo,tenutosi sabato 9 febbraio 2019 presso l’Auditorium Fondazione Santi Medici a Bitonto, l’avvocato Matteo Masciale ha voluto liberare il campo da equivoci dicendo che non esistono risposte al lavoro nell’immediato ma, noi abbiamo bisogno di capire quale fotografia reale si presenta ai nostri occhi sul lavoro e sui lavori che oggi esistono e quali peculiarità richiede il lavoro stesso. Non esistono nemmeno risposte che ci dicono già da domani come modificare la situazione per avere soluzioni positive che producano un cambiamento tale da donarci lavoro attivo.
Noi come Chiesa abbiamo il dovere di stare accanto a noi stessi, ai nostri figli, accanto alle membra disperate che affogano altrove i loro bisogni per non cadere in una sconfortante depressione perché la più grande cattiveria che si può esercitare nei confronti di chi non ha lavoro è quella di fargli credere che la colpa è sua, è lui che non è stato capace di farsi una vita. Che beffa: niente lavoro, niente casa, niente famiglia, niente vita e tutto questo non basta, anche i sensi di colpa.
Si pensa a un futuro estremamente automatizzato fatto di intelligenza artificiale ma, sarà sempre l’intelligenza naturale a governare il cambiamento, saranno sempre degli uomini a dettare intenzioni e indirizzi. L’uomo con la sua intelligenza dà luce al futuro.
Nel World Social Forum di Dalos, (marzo 2018), si sono incontrati imprenditori, rappresentanti governativi ed interlocutori di fama mondiale per discutere come l’oggi può essere convertito in domani ed i dati che sono stati offerti dall’incontro sono affidabilissimi. È emerso che nel 2020 si prevede una perdita di posti di lavoro a livello mondiale di circa 7 milioni di unità e chi dice cose diverse mente. Si perderanno posti nell’ambito agricolo e pesca 25%,commercio 20%, industria manifatturiera, 19% nell’ambito del trasporto, 16% edilizia, 15% pubblica amministrazione, 14% settore alberghiero e ristorazione.
Dunque sorge spontanea la domanda, quali lavori per il futuro? Esistono dei processi inarrestabili che sicuramente offriranno delle opportunità:
– Tecnologie ed internet ed in Italia non siamo messi bene infatti il 30% dei cittadini non ha competenze digitali e nelle scuole solo ogni 8 alunni c’è un computer e per la ricerca si spende l’1,3% del prodotto interno lordo a confronto di un’Europa, che nemmeno brilla in questa classifica, ferma al 2%;
– l’invecchiamento della popolazione, in Italia il più basso d’Europa dovuto al calo della natalità e avendo come conseguenza l’assenza della trasmissione di conoscenza da una generazione all’altra. Solo l’8% fa corsi di formazione con affiancamento a persone esperte che stanno andando in pensione o incentivare le cosiddette “botteghe giovanili” frequentate in Italia dall’8,3% dei giovani mentre la media europea è dell’11%;
– riscaldamento globale e in Italia non c’è una ricerca degna di tale nota.
Tutto questo ci dice che ci sono maggiori opportunità per chi compie studi di tipo scientifico.
Quindi quali lavori per il futuro? Quali competenze? Nel World Economic Forum sono state individuate otto competenze per il lavoratore di domani:
1. Risolvere problemi complessi che consiste nella capacità di portare a termine un compito che ci viene affidato autonomamente mentre nella nostra cultura gerarchica abbiamo un superiore che ci dice ciò che dobbiamo fare per portare a termine un lavoro, forma questa di gran lunga meno impegnativa anche se meno edificante.
2. Pensiero critico, competenza distintiva che mette in campo colui che non si ferma mai dinanzi alle prime soluzioni ma, ne ipotizza tante altre.
3. Creatività e per potersi sviluppare bisogna imparare a darsi un tempo per fare le cose ma, il nostro sistema scolastico tende a schiacciarla.
4. Gestione delle persone e per poterlo fare bisogna partire dal conosci te stesso affinché possano innescarsi relazioni umane fatte di impegni e comprensione.
5. Intelligenza emotiva che implica la capacità di gestire razionalmente il nostro carico emozionale misurabile attraverso test psicoattitudinali.
6. Orientamento al sevizio o al cliente.
7. Capacità di decisione per poter dare risposte ai problemi complessi.
8. Negoziazione con la tecnica win-win (io vinco tu vinci) perché tra le diversità di posizioni ci sono tante tonalità intermedie. La negoziazione non è una sconfitta ma una vittoria per tutti i negoziatori.
La strada da percorrere è quella dell’apprendimento, non solo inteso come studio ma, anche come luogo d’incontro dove si vive il dibattito, il ragionamento fatto in onestà intellettuale.
Se riflettiamo bene, queste competenze fanno già parte della nostra storia, della nostra cultura, del nostro essere solo che amiamo viverle nelle sfere più prettamente personali e familiari dove non puoi nasconderti ma, devi essere sempre attento e presente a te stesso e ai tuoi cari. Oggi il mondo ti chiede di allargare i tuoi orizzonti alle amicizie, alle realtà che ti circondano e l’essere cristiano ti spinge ad andare oltre e comprendere che noi siamo il custode del fratello che ci è stato messo accanto per cui siamo chiamati a offrire sempre il meglio di noi stessi anche nell’ambito del lavoro dipendente.
Dobbiamo trovare il coraggio di ragionare, di sederci intorno a un tavolo per realizzare il bene comune. Qualità queste che ci permettono di costituire quella filiera della fiducia che ci consente di mostrare agli altri il significato della differenza cristiana. Filiera della fiducia che nell’ambito del lavoro si chiama cooperazione, progetti d’impresa condivisi ove siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi.
Dobbiamo sganciarci dall’idea del lavoro legata ad un luogo, ma dobbiamo legarci al tema della occupabilità, bagaglio esperienziale conoscitivo, che non è spendibile dappertutto ma, devo essere disponibile a recarmi ove il mio profilo professionale è richiesto.