Tradizionalmente nella prima domenica dopo Natale la Chiesa ci fa celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazaret, sottolineando così in modo preciso che il Figlio di Dio si è incarnato non già semplicemente nella storia dell’umanità, ma in una famiglia concreta come concrete sono le nostre famiglie. Non si celebra questa festa per idealizzare la famiglia di Gesù, che in realtà avrà vissuto le tante traversie, fragilità e difficoltà di ogni famiglia umana, né per far crociate fuori luogo a favore della famiglia contro altre forme di convivenza umana. La liturgia della Parola ci offre indicazioni essenziali per vivere in modo evangelico la nostra famiglia, mentre invochiamo la protezione della Santa Famiglia di Nazaret.
Un primo tratto interessante ci viene offerto dal libro del Siracide nella prima lettura: ci presenta un codice domestico di buon senso che rimanda e approfondisce il quarto comandamento. È un invito a voler bene e a far del bene ai propri genitori, in qualunque situazione si trovino, anche se dovessero perdere il senno, anche in situazione di bisogno dovuta alla vecchiaia. Il principio che emerge è quello della solidarietà tra le generazioni, principio inscritto nel DNA dell’uomo e che non dovrebbe essere richiamato più di tanto dalle Scritture se non fosse che la cronaca spesso ci dice che anche l’ovvio ha bisogno di essere ripetuto e confermato solennemente, dal momento che nella nostra “società liquida” tendiamo a perdere il senso delle radici, la riconoscenza verso coloro a cui dobbiamo la nostra esistenza. Dio ci ha creati, ma i nostri genitori ci hanno pro-creati, collaborando attivamente all’opera di Dio per noi.
La seconda lettura, poi, ci propone un elenco di virtù cristiane, che non è ristretto alle sole relazioni familiari, ma all’intera comunità cristiana, che quindi è da intendersi una famiglia di famiglie. Queste virtù, che culminano nella carità che è al di sopra di tutte, si apprendono tuttavia nell’ambito della famiglia. Le virtù della tenerezza, della bontà, dell’umiltà, della mansuetudine, della generosità, della sopportazione vicendevole, del perdono reciproco e soprattutto della carità sono virtù che il cristiano è chiamato a vivere verso ogni fratello nella fede e verso ogni altro uomo, ma se non si apprendono nella “palestra“ di famiglia, con fatica emergono.
Il Vangelo, infine, ci mostra che la nascita di Gesù non è stata circondata solo da gioie (quella di Maria e Giuseppe, quella dei pastori e dei Magi), ma anche da rifiuto e minacce. Quella famiglia di Nazaret ha attraversato le traversie, che si sono presentate loro dinanzi, con una confidenza nell’aiuto di Dio e una disponibilità alla sua opera davvero luminose. Dio veglia sulle traversie di ogni famiglia e a tutte offre “vie d’uscita”, purché come Giuseppe e Maria si diventi capaci di ascoltare la sua Parola, di meditarla nel proprio cuore e di dare credito a quella Parola seguendone gli impulsi.