La 31ª domenica del Tempo Ordinario ci propone una pagina evangelica, ambientata nel tempio di Gerusalemme. Dopo il suo ingresso nella Città santa e prima del suo arresto e della sua crocifissione, Marco narra alcuni episodi in cui Gesù interagisce con le autorità di Gerusalemme, in particolare con i farisei e i sadducei. Il brano che ci viene proposto in questa domenica vede uno degli scribi porre a Gesù una domanda su quale sia il primo di tutti i comandamenti.
Gesù risponde con due citazioni, cioè non aggiungendo un proprio punto di vista o comando, ma riferendosi ai testi della Legge antica. Comincia, infatti, citando un testo del libro del Deuteronomio, che abbiamo ascoltato nella prima lettura odierna, testo che fa riferimento all’amore verso Dio, e conclude citando il comandamento dell’amore del prossimo presente nel libro del Levitico.
Una prima considerazione è che Gesù unisce inequivocabilmente l’amore per Dio e quello per il prossimo, cosicché non si dà l’uno senza l’altro. Non si può amare Dio e odiare il fratello, non si può sbandierare il Vangelo e poi usare parole di disprezzo verso gli altri uomini, non si può credere in Dio e organizzare la guerra. Nessun odio, nessun disprezzo, nessuna guerra sono giusti o giustificabili agli occhi di Dio. Scrive San Giovanni nella sua prima lettera: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi“ (1Gv 2,9-11).
Di contro, possiamo dedurre che chiama i fratelli, ma non professa alcuna fede in Dio, inconsapevolmente adora il vero Dio.
Una seconda considerazione riguarda il tempo al futuro del verbo “amare“. La Scrittura, confermata da Gesù, dice: “Amerai” in tutte e due le citazioni. Non sono imperativi, non sono veri e propri comandi: tracciano quindi un percorso. Il futuro utilizzato non serve per posticipare ad un tempo futuro il compito dell’amore, ma per indicare che sulla via dell’amore siamo sempre in cammino, in crescita, nessuno è arrivato, ma tutti siamo in cantiere. Mi piace citare il post di un caro amico che ben sintetizza il senso di quanto detto:
“Se tutti odiano, tu ama e se proprio non riesci a dimenticare il male ricevuto, quantomeno non odiare: è la strada per amare.
Se tutti invidiano, tu benefici. E se non riesci a farlo quantomeno non invidiare: è la strada dell’accoglienza.
Se tutti rifiutano, tu accoglie. E se proprio ti riesce difficile farlo, lascia la porta aperta: è la strada dell’accoglienza“.
L’ultima considerazione la facciamo a proposito della chiusa del Vangelo odierno. Gesù replica allo scriba, complimentandosi con lui, ma precisandogli che non era “lontano dal regno di Dio”. Dire questo significa sicuramente che quell’uomo si è avvicinato al regno di Dio, ma anche che non vi è ancora entrato. Che cosa gli manca? Il salto di qualità è l’adesione a Gesù: in lui ogni amore raggiunge la sua perfezione, cioè la sua maturità. È il Vangelo la cruna dell’ago da cui far passare ogni filo che serve per tessere la nuova civiltà dell’amore. Gesù ci ha mostrato con la sua vita, morte e risurrezione la densità, la profondità, il vero volto dell’amore per Dio e per il prossimo.