La parabola di questa domenica ci mostra anzitutto gli effetti che il denaro o più in generale la ricchezza (Mammona) provocano nell’uomo, in ogni uomo senza eccezione. L’amministratore aveva fatto un uso personale dei beni del suo padrone. Abbacinato dalle ricchezze, si era appropriato di tutto quello che gli era stato affidato perché fosse invece custodito e amministrato. La parabola non ci spiega in quali termini e in quali modi avesse “sperperato“ i beni del suo padrone, ma noi conosciamo molto bene il rischio che il denaro o la ricchezza generano tra noi, nelle nostre famiglie e comunità: divisioni, gelosia, invidia, guerre fratricide, ecc…
Se non ci si guarda bene dal denaro, si diventa schiavi del denaro e si rimane intrappolati nelle sue logiche. Come spesso ha ricordato Papa Francesco, il denaro “ammala la mente e anche ammala la fede“. Per questo Gesù in una delle sentenze successive alla parabola dice: “Non potete servire Dio e la ricchezza”. Chi ama la ricchezza e la assolutizza scarta Dio dalla sua vita e rinnega così il primo dei comandamenti.
La parabola, però, presenta un colpo di scena. L’amministratore, che fino ad allora era stato disonesto perché aveva approfittato della fiducia del suo padrone, ormai deciso a licenziarlo, convoca tutti i debitori del suo padrone e fa uno sconto sul debito che essi dovevano. In cosa consiste questo sconto? Egli rinuncia alla sua parte nel debito che quelli avevano contratto con il loro padrone. Così egli dimostra di non essere un amministratore sciocco che assolutizza la ricchezza materiale e infatti elimina da quei debiti la percentuale che spettava a lui. Da disonesto diventa astuto-saggio, perché manipola i beni materiali per creare crediti di amore, crediti morali e spirituali. I debitori si ricorderanno di lui quando avrà bisogno del loro aiuto. La “scaltrezza“ che Gesù esalta consiste in un atto di giudizio intelligente sulla vera ricchezza, di cui la ricchezza materiale può essere occasione. Fuor di metafora “gli amici” che ci accoglieranno “nelle dimore eterne” sono tutte quelle persone a cui avremo fatto del bene, anche con i nostri beni materiali, sono i poveri, gli ultimi, gli scarti della società, che al cospetto di Dio intercederanno per noi, se avremmo agito secondo carità e praticando la solidarietà.
La ricchezza, allora, può avere un valore anche positivo secondo Gesù. E questo valore lo assume quando essa è usata per vivere la solidarietà con chi è nel bisogno. E la solidarietà è molto più di un’elemosina; è piuttosto una restituzione del “molto“ che abbiamo, perché tutti possano godere dei beni della terra che Dio ha destinato a tutti. San Basilio il Grande diceva: “All’affamato appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie quanta è la gente cui potevi donare“.