1ª domenica di Quaresima anno C

 

 

Tradizionalmente, in questa prima domenica di Quaresima, la liturgia ci mette dinanzi alle tentazioni di Gesù. E lo fa per due ragioni molto precise. Come Gesù è all’inizio di un cammino, quello del suo ministero pubblico, che lo condurrà a Gerusalemme dove vivrà la sua Pasqua di morte e risurrezione, così anche noi siamo agli inizi di un cammino, quello quaresimale, che ci porterà alla Pasqua di morte e risurrezione, nella quale siamo già immersi dal giorno del battesimo e che di anno in anno rinnoviamo perché possa giungere a compimento in noi. Ebbene, in questo cammino ci sono delle tentazioni, delle prove, che la vita ci pone dinanzi. La liturgia, dunque, anzitutto ci ricorda che anche Cristo ha dovuto confrontarsi con tali prove: non siamo dunque soli nella tentazione, poiché egli è sceso e scende sempre con noi nel deserto delle tentazioni. Ma al tempo stesso ci viene ricordato che Gesù ha vinto quelle tentazioni, ed anche noi con lui e in lui possiamo affrontare “il buon combattimento della fede“ per essere vittoriosi come lui.

 

Il racconto intende mostrarci la lotta interiore che Gesù ha vissuto per tutto il suo ministero pubblico (il numero 40 nella simbologia numerica biblica indica la totalità) a proposito di quale stile messianico avrebbe dovuto incarnare. Gesù interpreta le Scritture (ogni volta è citato un passaggio delle Sacre Lettere ebraiche!) e il proprio compito messianico: vince le tentazioni di un Messia potente che prende il popolo “per la gola“, che fa miracoli che costringono a credere. Nel deserto Gesù sceglie lo stile da seguire e contesta altri stili che, invece, erano ritenuti opportuni e valide. Li considera diabolici, cioè stili che mettono il bastone fra le ruote, ostacolatori del progetto di Dio. Anche a noi, in questo tempo di Quaresima in modo particolare, è chiesto di scegliere da quale parte stare. Non possiamo essere bandiere che ruotano al vento delle facili mode, delle tendenze o caproni che seguono la massa per pigrizia e comodità. Dobbiamo saper scegliere il Vangelo, anche quando è scomodo e impegnativo, impopolare e controvento.

 

Quali stili di Messia Gesù rigetta?

  1. Anzitutto, egli rifiuta un messianismo miracolistico, capace di abbacinare gli occhi e i cuori degli uomini. Non serve un “contentino” nel tempo della fame: è necessario rimuovere le cause della fame. L’uomo non ha bisogno di miracoli che saziano un’esigenza immediata e che, però, lo lasciano sempre nel pantano della sua condizione. Un tale messianismo umilia la dignità dell’uomo: c’è bisogno invece di mettersi in gioco, di dare la vita, di investire tutte le energie possibili per riscattare l’uomo dalla sua indigenza. Questa via ha scelto Gesù, che ha pagato con il proprio sangue il riscatto di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
  2. Gesù rifiuta anche un messianismo che fa del potere e della ricchezza, della gloria e dell’arroganza i suoi punti fermi. Egli è venuto per servire, non per dominare, è venuto nella povertà, non nella ricchezza. Gesù non pensa alla sua missione (a differenza di alcuni cristiani) come a una conquista degli spazi e dei tempi del mondo, ma come a un servizio umile e discreto per dare il sapore nuovo a questa umanità.
  3. Infine, Gesù rigetta un messianismo spettacolare, in cui prevale l’apparenza più dell’essenza, il sensazionale più dell’umiltà, l’affermazione di sé più che la crescita degli altri. Gesù ha scelto di non salvare se stesso, di non “vincere facile“, ma di vincere perdendo.
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