In questa solennità particolarmente luminosa la liturgia ci fa celebrare tutti santi, tutti coloro che “già sono giunti alla presenza di Dio“ e che “mantengono con noi legami d’amore e di
comunione“, cosicché “possiamo dire che siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio“. Quindi “non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta“ (cfr. Papa Francesco, Gaudete et exultate, n. 4).
Mentre viviamo questa “comunione dei santi“, nella quale siamo inseriti in virtù del battesimo, scopriamo gli orizzonti affascinanti che Dio apre dinanzi a noi. E la Parola di Dio di questa solennità ci ha consegnato tre parole significative in tal senso.
La prima è “MOLTITUDINE“. Se ne parla nella pagina dell’Apocalisse risuonata nella prima lettura. Si accenna a delle visioni messe a disposizione di Giovanni: questi, cioè, è messo a parte della possibilità di vedere la realtà e la storia con gli occhi stessi di Dio. Ebbene, Giovanni vede e con lui anche noi vediamo quel che Dio vede: 144.000 eletti, cioè il popolo smisurato di Dio, e una moltitudine di uomini e donne incommensurabile, proveniente da ogni dove. La santità è, quindi, una chiamata ed un opportunità per tutti: non un privilegio di pochi. Dice ancora Papa Francesco: “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio”. Esiste – egli continua – la santità “della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio. […] La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo” (Ibid., n. 6.7.9).
La seconda parola è “FIGLI“: l’abbiamo sentita risuonare nella seconda lettura. “Noi fin d’ora siamo figli“, scriveva Giovanni alla sua comunità. La santità è possibile perché siamo “figli“, cioè Dio stesso, per mezzo del Figlio, ci rende partecipi della sua intimità, e quindi della sua santità. Poiché figli siamo santi. La santità in noi cresce quanto più diventa intimo, profondo, quotidiano il rapporto filiale con il Padre. Il Papa scrive nell’Esortazione Apostolica sulla santità: “Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli lui, scegli Dio sempre di nuovo… Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la parola, i sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi“ (Ibid., n. 53).
La terza parola è “BEATI“. Gesù ci mostra concretamente in cosa consista la santità attraverso una successione di otto/nove beatitudini. Siamo santi-beati perché anzitutto amati, figli amati di cui Dio si prende cura. Nella prima parte delle beatitudini questo emerge con chiarezza: quando siamo poveri, afflitti, miti, affamati e assetati di giustizia, Dio non ci abbandona, è dalla nostra parte, opera per noi perché ci ama. Ma al tempo stesso, ci dice Gesù nella seconda parte delle beatitudini, siamo santi-beati perché amiamo. Amati, amiamo quando siamo misericordiosi verso chi è in difficoltà o ha sbagliato, quando pensiamo, parliamo e agiamo con positività, cioè con purezza di cuore, quando operiamo per la pace, quando rimaniamo fedeli a Dio anche nelle persecuzioni. La santità di Dio, quindi, in noi si manifesta quando amiamo come Egli ci ama.