Il racconto evangelico, che abbiamo ascoltato e accolto in questa domenica come Parola del Signore, è presente in tutti e quattro gli Evangeli e narra di un segno, compiuto da Gesù, che evidentemente anticipa e rimanda a quell’altro segno per eccellenza che è l’ultima cena e che sarà poi nel sacramento dell’Eucarestia il memoriale della morte e risurrezione di Gesù.
I passaggi del racconto ci sono ben noti ed evidenziano la volontà di Gesù – che è la volontà del Padre – di offrire al popolo, a tutto il popolo indistintamente, il pane, non quello che perisce, ma quello che ci nutre per la vita eterna, quel pane che sarà la sua stessa vita spezzata e donata per il mondo, per tutti.
Vorrei, tuttavia, soffermarmi sull’ultimo versetto della pericope evangelica, sul versetto 15. La gente, visto il segno che aveva compiuto, va a prenderlo per farlo Re e Gesù, sorprendendo tutti, “si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo“.
Anzitutto, il Vangelo ci mostra che la gente fraintende ed equivoca il segno di Gesù. Quel segno che tendeva ad indicare altro viene letto come un fenomeno utile per soddisfare i propri bisogni. È la tentazione di sempre, quella cioè di piegare il Vangelo e Dio alle proprie idee e ai propri desideri. Ci si impadronisce del Signore e del suo Nome per giustificare anche la barbarie che commettiamo verso i nostri fratelli. Si sbandiera il Vangelo o una certa appartenenza al Signore, ma non per vivere secondo la sua Parola, piuttosto per accaparrarsi umani consensi. È troppo comodo un Dio “a nostra immagine e somiglianza“, che come una marionetta sia gestito dai nostri egoismi di parte o dalle nostre manie di grandezza. E che quella gente fosse fuori pista è ben presto detto: compie o vuole compiere un gesto che è all’opposto di quello compiuto da Gesù poco prima; egli aveva spezzato e condiviso con tutti, quelli invece pretendono di allungare le mani e di possedere solo per sé.
Ecco perché Gesù fugge! Fugge per dire che Dio non lo si può possedere come un oggetto di nostra proprietà. Fugge perché egli è, sì, un Re, ma è un Re che non vuol essere frainteso e immaginato alla stregua di quanti detengono il potere: il suo potere, infatti, non sta nello spadroneggiare, ma nel servire l’uomo fino a dare la sua vita perché l’uomo rinasca a vita nuova. Fugge perché nessuno possa usare il suo nome contro un altro uomo. Fugge, infine, perché tutti possano comprendere la direzione da prendere per una reale conversione: “ritirarsi sul monte“, cioè ripartire da un rinnovato incontro con Dio.
Siamo saliti anche noi questa domenica su una sorta di “monte“, di altura, che è Mellitto. Maria, che in questo luogo veneriamo come Vergine delle grazie, ci doni la grazia non della salute, né del successo, non della ricchezza, né dell’affermazione, ma la grazia di saperci liberare da tutti quei fronzoli che non rendono vera la nostra fede e tolgono lo slancio della carità alle nostre devozioni. Amen.