Quel “germoglio giusto“, che – secondo l’intuizione profetica di Geremia – avrebbe regnato da vero re e avrebbe incarnato l’ideale del vero pastore e guida, ebbene quel “germoglio giusto“ è Gesù, che nella pagina evangelica di questa domenica ci viene mostrato come pastore che ha compassione della grande folla sulla riva del lago.
La compassione è la caratteristica di fondo di Gesù, il Dio fatto carne, ed è un atteggiamento che va ben oltre il semplice “avere pena“ oppure lo sbrigativo “commuoversi“: è piuttosto il farsi carico della vita dell’altro. Gesù si è caricato delle nostre sofferenze, delle nostre debolezze, della nostra vita e ci ha risollevato con la potenza della Sua Parola.
Nella pagina evangelica, Gesù, intento a trovare un luogo “in disparte“ per riposarsi con i discepoli tornati dalla missione, non fa a meno di vedere (“egli vide una grande folla“), di guardare cioè con il cuore quelle persone, che “erano come pecore che non hanno pastore“.
Anche oggi Gesù continua guardare attraverso i nostri occhi, gli occhi dei cristiani che sono il Suo Corpo, quella folla di persone umane, “quell’esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture“, come ci ricordano i vescovi italiani nella Nota sui Migranti, “… di uomini e donne e bambini“ dinanzi a cui non possiamo “chiudere frontiere e alzare barriere“, fosse pure in nome di una causa giusta, quale il letargo prolungato dell’Europa su un fenomeno così impellente.
E Gesù continua, attraverso i cristiani, ad avere compassione, a chiederci “di osare la solidarietà (che non è buonismo!), la giustizia (che non è vendetta!) e la pace” (che non è la pacchia!), a “salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità” passando attraverso l’impegno “a custodire la vita, ogni vita, a partire da quella più esposta, umiliata e calpestata“.
La compassione, infatti, coinvolge, è un “patire-con”: non basta guardare i telegiornali o le copertine dei giornali, vedere le tragedie che si consumano nel mondo e provare qualche sentimento di commozione, che poi svanisce appena si cambia canale, né può essere ammissibile procedere, nella discussione su temi che toccano vite umane, con slogan elettorali o luoghi comuni, che lasciano il tempo che trovano.
La compassione è riconoscere che, mediante Cristo, vicini e lontani fanno parte tutti di “un solo corpo“ e che il dolore di un membro – non importa più di quale colore di pelle sia, di quale religione, di quale sesso – il dolore di un membro è il dolore di tutto il corpo, come anche la cura per un membro dona benessere a tutto il corpo.